Federtrasporto: integrazione tra le varie modalità  per aumentare l’efficienza

Federtrasporto: integrazione tra le varie modalità per aumentare l’efficienza

Italia

Intermodalità: è questo il fattore decisivo per efficientare la catena logistica, conseguire la decarbonizzazione e ridurre i costi esterni associati ai trasporti. Solo attraverso l’effettiva integrazione tra le diverse modalità di trasporto possiamo, infatti, puntare a fare il salto necessario in termini di efficienza e di qualità dei servizi resi.

È il messaggio ribadito più volte durante l’assemblea pubblica di Federtrasporto, che si è svolta il 17 luglio nella sede di Confindustria a Roma. Un’efficienza fondamentale non solo per il settore ma per l’intero sistema Paese perché, come sottolineato in un videomessaggio dal Ministro dell’Economia e della Finanze, Giancarlo Giorgetti, la mobilità non è più un comparto, ma un'infrastruttura abilitante per la crescita del Pil, per la produttività aggregata e per la competitività delle filiere.

"Ogni punto percentuale di efficienza della logistica si traduce in un vantaggio misurabile per il sistema produttivo italiano”, ha affermato il Ministro, ricordando che con il PNRR sono stati stanziati oltre 70 miliardi per ferrovie, porti, logistica, digitalizzazione, sostenibilità e intermodalità. “È uno sforzo di trasformazione che ha cominciato a tradursi in risultati tangibili e che dovrà continuare anche dopo il 2026. In questo senso il piano strutturale di bilancio approvato dal Governo conferma l'impegno a proseguire gli investimenti previsti dal PNRR, a partire dalla digitalizzazione”.

Durante l’assemblea è stato presentato il rapporto "Priorità strategiche per i sistemi di mobilità delle persone e delle merci", che individua cinque punti principali, quali infrastrutture, transizione ecologica, transizione digitale, competenze e formazione del personale, valichi alpini, su cui intervenire per sfruttare adeguatamente alcuni vantaggi che il nostro Paese ha, come ad esempio la posizione centrale nel Mediterraneo.

Oltre il 50% degli scambi complessivi dell’Italia con l’estero transita attraverso l’arco alpino ma la sua permeabilità durante questi ultimi anni è stata messa a dura prova. “È un tema che deve essere affrontato in una logica di sistema – ha affermato il presidente di Anita, Riccardo Morelli -. Per questo è necessario, innanzitutto, avere un’ottima conoscenza dei dati. Serve quindi un’indagine conoscitiva sul trasporto merci transalpino (CAFT “Cross Alpine Freight Transport”) che il nostro Paese non ha mai fatto a differenza di Austria e Svizzera. L’Italia dovrebbe, inoltre, farsi promotrice presso la Commissione Ue dell’istituzione di un tavolo di lavoro con i Paesi firmatari della Convenzione delle Alpi e del suo specifico Protocollo di attuazione nell’ambito dei trasporti, per mettere a punto un piano di emergenza condiviso per la mobilità delle merci nella regione delle Alpi che riguardi il trasporto sia ferroviario sia stradale”.

Sul tema dei valichi alpini, il Governo è tuttavia impegnato da tempo. “Ci stiamo muovendo a tutti i livelli, anche con la Presidenza del Consiglio – ha ribattuto il Viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi -. Lo scorso anno abbiamo affrontato una situazione critica con la chiusura del Monte Bianco, del Tenda e del Frejus ferroviario. Ora stiamo sbloccando nodi storici: a fine luglio apriremo la seconda canna del Frejus automobilistico, completata da oltre un anno ma rimasta ferma per problemi di certificazioni francesi. Resta però aperto il nodo Monte Bianco; lavori di 18 anni per una sola canna sono insostenibili e l'evoluzione tecnologica dei mezzi pesanti impone nuove soluzioni. Serve una visione a 40 anni – ha concluso -; le infrastrutture devono guardare al futuro dei trasporti, dai carburanti alternativi ai nuovi standard di sicurezza”.

Durante l’assemblea è stata anche sottolineata la necessità di investire nel processo di shift modale, rendendo strutturali gli incentivi Ferrobonus e Sea Modal Shift e incrementando le risorse disponibili (almeno cento milioni di euro all'anno per ciascuna misura) e riformando il fondo dedicato all’autotrasporto per il rinnovo del parco veicolare, aumentando anche in questo caso la dotazione finanziaria almeno a 600 milioni di euro.

Per quanto riguarda, invece, la carenza di personale, è necessario rendere più attrattive le professioni del settore e adottare modelli di impiego del personale più flessibili per permettere di conciliare il lavoro con la vita privata.

Di Redazione Tir | 17 Luglio 2025

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