Gli investimenti infrastrutturali italiani in un focus di SACE

Gli investimenti infrastrutturali italiani in un focus di SACE

Italia

Una buona dotazione infrastrutturale, si sa, è alla base dello sviluppo delle potenzialità economiche ed ambientali di un Paese. Per questo è interessante tenere il punto sulle infrastrutture, con uno sguardo al passato e soprattutto al futuro più o meno prossimo, attraverso il focus “Ieri, oggi e domani: le infrastrutture in Italia” pubblicato in questi giorni da Sace, la società controllata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze.

L’analisi dello sviluppo infrastrutturale è poi ancora più prioritaria oggi, data da una parte la grande disponibilità̀ di risorse offerte dal PNRR e dall’altra la necessità di attenuare l’impatto del conflitto russo-ucraino sulla nostra economia.

Il focus di SACE ha, come prima cosa, preso in rassegna la storia recente dell’infrastrutturazione italiana, rilevando che il nostro Paese ha costantemente ridotto nel tempo gli investimenti in infrastrutture, ponendosi in una posizione ben più arretrata rispetto ai principali paesi europei: dalla crisi finanziaria globale fino alla pandemia, la spesa italiana per infrastrutture si è ridotta in media del 2,8% l’anno, passando dai 65,3 miliardi del 2008 ai 45,3 miliardi del 2021.

La crisi finanziaria aveva giocoforza, per carenza di fondi, frenato l’investimento infrastrutturale che ha trovato poi nuovo impulso sul finire del primo ventennio del secolo. I trasporti sono stati sempre più intesi come una delle motrici infrastrutturali e le strade hanno, anche durante questo periodo, rappresentato la modalità principale: ultimi decenni, infatti, sono state destinatarie della maggior parte degli investimenti infrastrutturali. Nel 2021 la costruzione di strade ha continuato a rappresentare la prima voce di spesa con un ammontare di 19 miliardi (seppure inferiore di €8,1 miliardi rispetto al 2008), corrispondenti a un peso pari al 42% circa; a seguire ferrovie, porti e aeroporti, la cui spesa si è dimezzata portando a una contrazione della propria quota al 17%.

I nuovi impulsi, però sono stati depotenziati dalla crisi pandemica che ha segnato una nuova battuta d’arresto nella crescita degli ultimi anni, anche a causa delle difficoltà di approvvigionamento dei materiali. Le misure di stimolo del Governo e le risorse europee hanno, quindi, dovuto far ripartire il settore e anzi hanno dato a quest’ultimo una vera e propria accelerazione. L’Italia d’altronde è il principale destinatario dei fondi europei del NGEU, declinati in larga misura in investimenti e riforme nel settore delle infrastrutture secondo il PNRR e questo aumento degli investimenti in infrastrutture segna un cambio di passo evidente rispetto al passato, permettendo al Paese di sanare alcune criticità e ritardi infrastrutturali e innescare un circolo virtuoso a beneficio della competitività delle imprese.
Secondo lo studio pubblicato da SACE, le risorse destinate allo sviluppo infrastrutturale genereranno ricadute positive in diversi settori dell’economia italiana, sia in fase di costruzione sia successivamente attraverso l’utilizzo di infrastrutture più moderne, più efficienti e sostenibili. Si stima infatti che la spesa per investimenti in infrastrutture e mobilità di competenza del Mims possa generare l’attivazione diretta e indiretta di valore aggiunto nel sistema produttivo, per un valore di circa 37,8 miliardi di euro.
Inoltre, la crescita della spesa infrastrutturale italiana è destinata a crescere anche nel prossimo decennio con una media stimata dell'1,7% l’anno, un tasso superiore alla media dell'eurozona (+1,5%), ma soprattutto nettamente al di sopra delle previsioni pre-pandemia (+0,9%).

Di Redazione Tir | 02 Agosto 2022

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