I porti italiani perdono quota rispetto al Nord Europa

Il sistema portuale italiano non riesce ancora a reggere la concorrenza dei porti del Mediterraneo.

Nonostante alcuni casi particolari di eccellenza, infatti, i porti italiani hanno perso negli ultimi dieci anni il 2% rispetto ai porti del Nord Europa. Non solo: attraverso il Canale di Suez, tra il 2011 e il 2018, le tonnellate di merce in transito nel Mediterraneo sono aumentate del 42%, ma il sistema portuale italiano ha fatto registrare solo il 2% in più.

Sono i dati emersi dal Rapporto Isfort, presentato nel corso del 5° Forum Internazionale dei Trasporti di Conftrasporto-Confcommercio, che descrive un’Italia in controtendenza rispetto al complesso della portualità mediterranea.

“I porti spagnoli, ad esempio, nello stesso periodo di tempo sono cresciuti del 5% - ha sottolineato Pasquale Russo, segretario generale di Conftrasporto – . Se i nostri porti avessero avuto la stessa crescita avremmo potuto generare 7.600 posti di lavoro in più con un incremento del fatturato di oltre 2 miliardi di euro. L’Italia però non riesce a cogliere queste opportunità di crescita perché è disconnessa al suo interno e le merci non riescono a raggiungere rapidamente i luoghi di destinazione. Inoltre – ha spiegato ancora Russo – sconta ancora problemi di appesantimento burocratico e di mancanza di innovazione digitale. Dopo 16 anni stiamo ancora aspettando lo sportello unico doganale e per svincolare le merci in import/export ci vogliono ben 68 istanze da trasmettere a 18 amministrazioni diverse”. A questo si aggiunge, secondo il rapporto, la lentezza nella realizzazione di alcune riforme. “Pensiamo alla grande illusione delle ZES – ha continuato Russo – : mancano ancora gli strumenti di semplificazione per attuarle e il paradosso è che le imprese di logistica non possono insediarsi per un problema di incompatibilità con la normativa comunitaria che non è stato risolto”.

Occorre rilanciare le ZES, quindi, ma anche risolvere il contenzioso con Bruxelles sulla tassazione delle Autorità di Sistema Portuale. “L’Europa vorrebbe che i porti pagassero i canoni demaniali – ha spiegato Luigi Merlo, presidente di Federlogistica – . Ma questo significherebbe cambiare la natura stessa delle Autorità, che diventerebbero soggetti economici. Bisogna quindi chiarire il destino del nostro modello di governance dei porti, salvaguardando la natura pubblica della gestione portuale”. Merlo ha anche sottolineato l’importanza di avviare una nuova politica del lavoro portuale che lo riconosca come usurante, risolva il problema degli inidonei e accompagni gli scali attraverso le sfide dell’automazione. “Inoltre – ha concluso Merlo – serve un piano nazionale di messa in sicurezza delle opere pubbliche: entro la fine del secolo, infatti, l’innalzamento del mare in Italia sarà superiore al metro e mezzo e l’acqua ricoprirà gran parte di porti e infrastrutture”.